L’aceto tradizionale balsamico non è un prodotto della
provincia di Parma, ma della confinante Reggio Emilia,
di cui però alcune aree all’epoca del Ducato di Parma,
Piacenza e Guastalla ne facevano parte. Avendo l’aceto
balsamico tradizionale origini millenarie, testimonianze
scritte risalgono al 1046, quando l’imperatore di Germania
Enrico III ne richiese poiché “aveva udito farsi colà
perfettissimo”, se ne deduce che si produceva anche all’epoca
Ducato di Parma nei suoi territori; con questa giustificazione,
ma innanzitutto perché trattasi di un prodotto eccezionale
in grado di perfezionare ed esaltare i sapori delle pietanze
e che ben si abbina anche con il Parmigiano – Reggiano,
è stato inserito in Parma Gourmet.
Dell’aceto balsamico se ne parla come di un tesoro, custodito
segretamente fino a pochi anni fa, e che ora finalmente
è diventato reperibile in commercio.
La
storia
(per approfondire)
Per
certificare la qualità di questo aceto negli anni Ottanta
venne riconosciuta la denominazione di origine controllata
dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia e se
ne normò la produzione, la tutela e le modalità di controllo.
Il disciplinare prevede che l'Aceto Balsamico Tradizionale
di Reggio Emilia, considerato condimento alimentare, venga
ottenuto "da mosto cotto a fuoco diretto proveniente dalla
pigiatura di uve tradizionalmente coltivate in provincia
di Reggio Emilia".
L'organismo di tutela e controllo è il Consorzio fra Produttori,
che opera a favore degli associati garantendo la qualità
dell'Aceto attraverso un proprio Comitato tecnico-scientifico
e una Commissione d'assaggio. Il Consorzio ha principalmente
l'incarico di verificare che il prodotto in commercio
abbia le caratteristiche di idoneità
Come si produce
L'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia si ottiene
tramite semplice fermentazione zuccherina ed acetica di
mosto cotto. Ma il segreto e la "sapienza" del Balsamico
reggiano stanno nel successivo ottimale invecchiamento
che si protrae dentro batterie di botti di legni differenti
per un lungo periodo di tempo, in ogni caso mai inferiore
a 12 anni. L'affinamento del bouquet che diviene sempre
più intenso, delicato e gradevole al naso e al gusto,
è la fase più complessa e delicata, ed è qui che diviene
essenziale l'esperienza del maestro acetaio. Mentre il
processo di acetificazione per il comune aceto si alimenta
con il vino, per produrre il pregiato ABT di Reggio Emilia
il processo è alimentato col mosto cotto. Per tradizione
classica la produzione avviene in botticelle di legno
disposte in batteria, il cui numero non deve mai essere
inferiore a tre. Le tre fasi della produzione dell'aceto
sono la fermentazione alcolica, l'ossidazione acetica
e l'invecchiamento. Sono utilizzate in prevalenza botticelle
in legni di rovere, castagno, gelso, ciliegio, frassino
e ginepro, ognuno dei quali cede un particolare aroma
all'aceto e lo rende "unico".
I tre tipi di aceto DOP
Il
primo tipo, il "bollino Aragosta", risalterà
soprattutto per essere più agro, con sensazione di acidità
volatile più pronunciata e meno dolcezza. Grazie al profumo
tenue, delicato e la buona acidità può arricchire carpacci,
pinzimoni, insalate; può essere utilizzato per insaporire
a fine cottura crostacei, costolette d’agnello, petti
di pollo e carni rosse poco cotte. E’ adatto per preparare
fondi di cottura per selvaggina e animali da cortile.
L'
"Argento" ha delle caratteristiche diverse,
perché si è affinato ulteriormente. Si usa più a crudo,
meno per cotture, risultando più morbido e più dolce.
Il suo carattere lo fa preferire per primi piatti, souffle,
risotti, sughi, leggerissime cotture. Ha un profumo più
intenso, con tendenza al dolce, ricco e coprente rispetto
all’acidità. E’ ottimo utilizzato a crudo nella maionese,
e nelle salse per bolliti o pesci, nei risotti con verdure
o con scampi, nei primi piatti ricchi e nobili, come il
filetto di manzo o il fegato d’oca. L'acidità volatile
è qui mascherata dalla fissa, rimane la sensazione gustativa
dolce e complessa, con profumi e retrogusto da apprezzare.
L'
"Oro" lo si utilizza non per condire
ma quasi esclusivamente per fine pasto. E’ un prodotto
straordinario e complesso, ricco di profumi e armonia
di sentori più sul dolce che sull’agro, nobile di struttura,
suadente e persistente. E’ adatto per formaggi importanti,
saporiti e piccanti, per macedonie di frutti di bosco,
fragole o ciliegie, per creme pasticcere o gelati, per
il panettone o per lo strudel, ma soprattutto è un vero
e proprio elisir da sorbire in cucchiaio o bicchierino
a fine pasto.
Un
comandamento ai fornelli valido sempre e comunque per
tutte le tipologie: evitate le lunghe cotture; l'aceto
deve stare al fuoco solo per pochi istanti, quasi sfumare,
per non perdere gli aromi così lungamente affinati.
Come si conserva
Dato il prolungato invecchiamento l’acero balsamico
non è soggetto a rischi di alterazione durante la conservazione.
Va conservato in recipiente di vetro, avendo semplicemente
cura di chiudere bene il contenitore e conservarlo lontano
da sostanze che emanino profumi particolari.
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